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Poeta dialettale di grande capacità, nasce a Lentini il 1° novembre 1874 in una casa del quartiere Corderia, ultimo di 5 figli da Sebastiano Carra' e Carmela Tringali. Lui stesso recita sulla sua nascita: D'un mulinaru e di na scarparedda / fu la nascita mia, cari signuri / di n'onesta famigghia puvuredda / pirsiguitata da tanti svinturi (da "la me nascita"). Quindi il padre e' mugnaio, la madre casalinga e figlia di calzolaio. E il padre, rude, non solo non lo manda a scuola ma, perduto il mulino, indirizza il figlio Ciccio a lavorare nei campi, dove svolgera' tutti i mestieri: panararu (paneraio), cugghituri (raccoglitore d'arancie), tagghiaperi (taglia peduncoli), capugghiumma (capociurma). Fin da tenera eta', a 13 anni, e' attratto dalla poesia e dal mondo dei cantastorie che spesso segue nei paesi vicini. A 20 anni rimane orfano del padre. L'anno dopo sposa Giuseppa Rizzo, figlia di 'cufinaru' (cestaio)Questa donna avra' un ruolo fondamentale nella vita del poeta Ciccio Carra' Tringale. sara' lei infatti a scrivere le poesie che il marito, semianalfabeta, le andra' dettando. Gli dara' 7 figli e lo aiutera' a sbarcare il lunario. Con la nascita dei figli comunque aumentano le esigenze della famiglia, costringendolo cosi' a provare disparati mestieri, soprattutto quello di "bricciularu" o "spaccapetri" (spaccapietre). |
Di notte poi fa "u
vaddianu" (il guadiano di aranceti). Ciononostante continua a
comporre poesie, visto che questo e' l'unico sollievo alle sue
fatiche. In quel periodo, siamo agli inizi del 900, Lentini e'
coinvolta nella grave crisi economica che attanaglia il meridione
d'Italia. Cosi' Ciccio, come tanti, e' costretto ad emigrare. Nel
1908 va a lavorare a Reggio Calabria e poi a Messina dove partecipa
alle ricostruzioni delle 2 citta' dopo il terremoto. L'anno dopo
espatria negli Stati Uniti. A New York esercita il mestiere di
macellaio ma con poca fortuna. Nel 1913, deluso, ritorna a Lentini e
riprende l'antico mestiere di "spaccapietre". La moglie intanto ha
provveduto al mantenimento della numerosa famiglia facendo la sarta
con parecchia fortuna, tanto da riuscire ad acquistare una dignitosa
casa in via agnone. Fortunatamente non partecipa alla prima grande
guerra e cosi' continua a comporre poesie, alcune delle quali
appaiono in alcuni fogli stampati a Lentini nel 1918 ("pupu luordo").
Finita la guerra, entra nelle fila del partito socialista di
Filadelfo Castro e riesce perfino a farsi eleggere consigliere
comunale. Negli anni successivi, alcune sue poesie, corrette da
Giovanni e Pietro Tringali, suoi cugini e maestri elementari, dal
direttore Paolo Bonfiglio e da altri amici, vengono pubblicate su
periodici a diffusione regionale e nazionale. Viene cosi' conosciuto
e apprezzato, ricevendo sempre piu' numerosi attestati di stima. Nel
1929 viene pubblicata la prima raccolta di 90 poesie "ciuri e duluri",
stampata dalla tipografia Saluta di Lentini, per l'interessamento
del Prof.Rio di Siracusa che ne curera' la prefazione. L'opera
ottiene i favori del pubblico e della critica siciliana. Diventa
famoso e soprattutto apprezzato dalla numerosa schiera di poeti
catanesi dell'epoca. Al cine-teatro La ferla viene acclamato "Poeta"
da oltre 500 persone, amici, critici e poeti convenuti da tutta la
Sicilia. dal 1931 al 1940, con l'avanzare degli anni, comincia a
intraprendere lavori meno faticosi dello "spaccapietre", quali
l'operaio nelle ferrovie e il guardiano della villa "Gorgia"
(inaugurata nel 32). Scrive tanto nel 32, durante la convalescenza
per un infortunio, compone "la leggenda di Pancali" poemetto di 450
versi, mai pubblicato, compila 4 commedie di cui una dal titolo
"Giustizia di Dio" in 3 atti e numerosissime poesie. Nell'immediato
dopoguerra, per l'impegno di illustri concitatdini, quali lo
scrittore Carlo Lo Presti, il dott. Mario Piazza, l'ing. Carlo
Cicero, Lentini è caratterizzata da un notevole fervore di
iniziative socio-culturali, fra cui l'istituzione del Centro Studi
"Notaro jacopo": vengono organizzati convegni, conferenze, premi
letterari. In questa atmosfera eccezionale rientra l'interesse anche
per l'opera di Ciccio Carra' Tringali. il 5/7/47 per
l'interessamento del barone Giuseppe Magnano di S.Lio e del parroco
Mons. Francesco La Rosa, viene pubblicata la sua 2a opera "siti di
giustizia" una raccolta di 387 poesie stampate presso la tipografia
Saluta di Lentini e con la prefazione del farmacista Paolo Zarbano,
il quale abitualmente lo aiuta a correggere ortograficamente i
lavori del poeta. Il volume viene recensito favorevolmente da
numerosi critici. E' un momento magico: viene osannato dalle persone
colte che organizzano "feste" in suo onore. Il 26/9/48, con in testa
il sindaco avv.ferrauto e Carlo Lo Presti, Lentini gli da prova del
suo affetto con un imponente corteo che dal Municipio si avvia verso
il Teatro La Ferla dove viene solennemente incoronato poeta.
Ricomincia a pubblicare poesie sui periodici siciliani e si firma
definitivamente "Ciccio Carra' Tringali, lu spaccapetri sicilianu".
In questi anni e' costretto a sopravvivere con un sostegno
dell'INPS, assolutamente insufficiente per lui e per la moglie.
Continua a scrivere: del 50 è un poemetto di circa 380 versi
(inedito) "dialucu tra poeta e puitissa" - lotta d'amuri", un "inno
a Lentini", numerose poesie. Comincia il suo declino fisico: e'
costretto ad appoggiarsi ad un bastone. Alla fine degli anni 50,
esce raramente di casa. Molti concittadini lo denigrano
pesantemente, umiliandolo anche con cattiveria; rassegnato non
reagisce e si chiude in un angosciato isolamento. Abbandonato da
tutti, vive con la moglie spesso assistito da alcune persone che
hanno ancora stima di lui: fra questi Mons.La Rosa. Il 26/4/1963
muore la moglie, fedele compagna nelle gioie e nei tanti dolori: 2
anni dopo alle 14.30 del 26/5/1965, all'eta' di 91 anni, per
broncopolmonite, dopo un breve ricovero in Ospedale, muore Ciccio
Carra' Tringali, lu spaccapetri sicilianu. Di lui ci rimangono le
sue poesie, la sua grande umanita' e la potenza d'ispirazione e
d'espressione. E ci resta anche: 'na cascia ... cu tanti carti, /
tuttu l'affannu di la vita mia / e in ogni versu ... 'n cori santu /
trova lu me duluri e lu me chiantu ... Ci auguriamo che questa cassa
con tante carte, possa presto svelare il suo immenso tesoro. |